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HARRY POTTER ED IO

HARRY POTTER E IO

La saga di Harry Potter non ha bisogno di presentazioni: è considerata un classico letterario immortale, inarrivabile e perfetto con numerosissimi fan tuttora innamorati delle avventure del maghetto, ma la mia storia d’amore con essa è finita prima del termine della storia e in questo articolo ne spiegherò il motivo.

Comincio col dire che il primo libro della saga è tuttora il mio preferito: conduce il lettore alla scoperta di un mondo magico vicino al nostro ma accessibile soltanto a chi ne fa già parte, popolato da personaggi familiari. Maghi, streghe, scolari, pozioni, è tutto già visto eppure presentato in una veste nuova e accattivante, come nei migliori libri. Il protagonista è un ragazzo qualunque, orfano, alle prese con parenti gretti; chi non si è mai sentito incompreso, trascurato, solo e impotente come Harry? È impossibile non affezionarsi a lui e non gioire quando gli abitanti del mondo magico lo accolgono con favore, ma non è tutto rose e fiori: ci sono anche misteri da svelare e scuole magiche affascinanti quanto poco sicure.

Con il secondo libro provai una punta di delusione: certo, il mistero del basilisco era intrigante, ma l’atmosfera cupa si allontanava dal primo libro e dal senso di sorpresa e di scoperta che lo permeava. Inoltre non aiutava il fatto che la struttura della storia fosse molto simile alla Pietra filosofale; la situazione peggiorava diventando sempre più rischiosa finché verso la fine, in un momento di massima tensione, Harry affrontava Voldemort (o chi per lui) nelle viscere della scuola o in un’attività connessa alla scuola.

Il copione si ripeté puntualmente nei libri successivi, dove il senso di minaccia incombente si ingigantì fino a essere avvertibile in ogni riga. Il prigioniero di Azkaban giunse a mettere a dura prova la mia sospensione di incredulità: passino la magia, il basilisco e un’evidente differenza degli standard di sicurezza di maghi e babbani, ma permettere le lezioni mentre creature capaci di prosciugare la voglia di vivere e la sanità mentale dalle persone circolano liberamente tra gli studenti mi sembrò un po’ troppo. Non ho mai neanche capito perché Fred e George Wesley avessero dato la mappa del malandrino a Harry senza mai averne fatto parola col loro stesso fratello Ron.

Il calice di fuoco fu una lettura corposa e interessante, ma che non si allontanò dalla struttura prevista e dall’angoscia.

Quando uscì L’ordine della fenice, il mio amore per la saga era agli sgoccioli, ma lo comprai e lo lessi ugualmente, riportando un’impressione negativa per l’inizio. Decine e decine di nomi sparati a bruciapelo senza poterli memorizzare e soprattutto Harry che usava la magia contro un parente babbano, vanificando quello che credevo di sapere di lui. Finita la lettura, passarono due giorni e mi dimenticai tutto il resto, cosa mai successami né prima né dopo nella mia carriera di studentessa (compresa la fase universitaria, dove non sapere un libro può costare la bocciatura).

Quando uscirono i libri io ero alle prese con una difficile transizione nella mia vita di lettrice: ero ancora affezionata alla fantasia e la gioia di vivere dei libri per bambini, ma le loro trame semplici non mi bastavano più. Cercavo disperatamente un’opera che mi accompagnasse attraverso la pubertà dicendomi che sì, crescere è difficile e doloroso ed è normale esserne spaventati o tristi, ma al tempo stesso che crescere è un privilegio, che gli aspetti migliori della nostra personalità non svaniranno e anzi, se ben coltivati, si rafforzeranno e daranno forma al nostro futuro, che non è obbligatorio diventare adulti noiosi e senza fantasia, che non esistono bianco e nero ma tante sfumature e che è sempre possibile rialzarsi e farsi nuovi amici con cui affrontare il mondo. Sognavo un’opera che riuscisse a fare tutto ciò senza deprimermi, terrorizzarmi o indulgere in topoi che non sono mai riuscita ad apprezzare (ad esempio quello della grande battaglia finale tipico del fantasy o qualsiasi cosa che rimandi al dramma adolescenziale). Sognavo che la saga di Harry Potter potesse essere quest’opera, ma i miei gusti hanno deciso altrimenti.

Appresi anni dopo che la Rowling aveva pianificato tutto dell’opera, compresi i toni sempre più cupi, per rendere l’idea che Harry cresce ed aumentano le minacce, ma personalmente preferisco storie non dominate da un unico tono (angoscioso) e un unico malvagio ricorrente. Opere come One Piece: ci sono lotte e momenti tesi, ma anche risate, lacrime, mistero, segreti di un mondo che a ogni volume si apre al lettore svelandone nuovi personaggi, meraviglie od orrori inaspettati… nel descrivere la malvagità umana è persino più crudo rispetto a Harry Potter, ma è percorso da capo a piedi di una sete di vita e libertà inossidabili e non esita a mostrare anche il lato migliore dell’animo umano al punto da far prevalere la fiducia in quest’ultimo.

Harry Potter mi ha ispirata a scrivere i libri che volevo leggere, che diano speranza alle persone senza indorare la pillola né esagerare con la tetraggine o il dramma, immersi in un fantastico arioso e originale mai completamente distaccato dal reale.

Nel mondo della creatività anche gli esempi in negativo sono importanti.

Voi invece siete ancora innamorati di Harry Potter o ne avete scoperto qualche buco di trama? Preferite altri fantasy? Scrivete tutto nei commenti e continuate a seguirmi!

p.s. ringrazio quanti mi hanno fatto notare un errore nella precedente versione di questo articolo e chiedo scusa. Errare è umano ma per fortuna mi avete corretto, grazie del supporto e della comprensione! 🙂

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