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Aspettative mancate: il caso di “Etica per giorni difficili”

 

Aspettative; indurne alcune per poi non rispettarle non è affatto apprezzato dai lettori e da me in particolare.

 

Immaginate di comprare un libro credendo che sia x ma invece è xyzabcd e il resto delle lettere vi suscita un misto di indifferenza e disgusto. Magari volevate una felice lettura d’evasione e invece vi ritrovate un angosciafest dove i personaggi migliori muoiono tutti, o, viceversa, avevate comprato una storia d’azione ma più di metà delle pagine sono occupate da monologhi e riflessioni filosofiche.

Rimarreste contenti? Probabilmente no ed è la stessa cosa che mi è capitata con Etica per giorni difficili. Sembrava un saggio sull’etica con giusto un pizzico di filosofia e molte riflessioni teologiche cattoliche e l’ho comprato credendolo tale, ma si è rivelato ben altra bestia. Avrei dovuto mettermi in allarme già alla prima citazione di Kant a pagina uno.

Qua devo premettere che non riesco a esprimere a parole l’avversione che provo per gli idealisti tedeschi. Il fatto che il mio professore di filosofia al liceo fosse un marxista convinto che Kant & compagnia fossero i più grandi(/gli unici) filosofi mai esistiti, nonché i soli degni di essere insegnati in tre anni in un loop infinito, potrebbe aver generato il fastidio viscerale che mi suscitano tuttora. Il fatto che assieme a Nietzsche siano i padri della filosofia su cui si sono innestati il nazismo e gli altri totalitarismi del Novecento non ha contribuito a rendermeli più simpatici.

Li odio in modo feroce e personale, mentre l’autore di questo libro li ama follemente. Li cita costantemente, tre o quattro volte per pagina, molto più spesso dei Vangeli.

Nella mia debolezza, alla trecentesima citazione volevo urlare, buttare via il libro dalla finestra e sperare che beccasse l’autore, ma ho retto. Sì, il continuo soffermarsi sull’etimologia di mille parole che in grandissima parte sapevo già mi stava facendo nascere il sospetto che l’autore se la tirasse giusto un pochino, ma ho retto. Nel mezzo ho trovato considerazioni interessanti e condivisibili sul fatto che Nietzsche ha prodotto molti danni e si contraddice da solo e aggiungendo altre curiosità. Un po’ noiosetto, a tratti, ma niente di disastroso.

Poi, dopo un paio di capitoli dedicati al concetto di colpa e peccato mortale, se ne esce con “l’Inferno non esiste”.

Così, dal nulla, dopo essere rimasto finora nell’alveo della tradizione cattolica (che chiama apocatastasi l’opinione considerata non valida, cioè eresia, che l’Inferno non esista). Sbatto le palpebre. No, non ho letto male. Proseguo, chiedendomi quali argomentazioni e citazioni tirerà fuori a sostegno di questa tesi, considerando che la Bibbia accenna all’Inferno sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, e leggo tre parole che mi hanno colta completamente di sorpresa: “perché è incostituzionale”.

Ognuno è libero di essere ateo o di avere le proprie idee su Dio, ma se sei cattolico o credi in uno dei tre monoteismi, credi (o almeno è piuttosto probabile che tu creda) di avere a che fare con il Creatore, colui che ha creato i cieli e la terra, il tempo, lo spazio, la materia, il corpo, l’anima, tutto. L’idea di mettere sullo stesso piano questo Dio trascendente che esiste da sempre, da prima del tempo e perciò assai prima della costituzione italiana e le leggi italiane in materia di carceri che sono per loro natura umane, imperfette e relativamente recenti, mi ha suscitato un sordo stupore che a distanza di giorni è diventato pura ilarità.

(Sono solo io a non mettere sullo stesso piano il punto forse più alto della spiritualità, i decreti divini sulle anime, l’aldilà e le leggi dell’aldiquà? Vi prego, ditemi di no.)

Or tu chi se’, che vuo’ sedere a scranna, /per giudicar di lungi mille miglia / con la veduta corta d’una spanna? Chiede a Dante un coro di beati nel diciannovesimo canto del Paradiso. La parafrasi è che la giustizia divina è imperscrutabile, è normale e giusto che l’uomo si ponga delle domande al riguardo, ma non che pretenda di avere risposte chiare e subito come in un quiz televisivo; al fedele è chiesto di fidarsi e continuare a fare il bene anche quando tutto sembra finito o confuso.

Credevo che un autore così dotto (niente ironia, lo è davvero) lo fosse abbastanza da ricordarsi di questa citazione, invece tira fuori varie considerazioni personali sulle leggi italiane e il suo personale disaccordo con il fine pena mai per concludere in poche righe che l’Inferno non esiste o non può esistere perché andrebbe contro l’idea del Dio giusto e misericordioso, per poi cambiare argomento.

No. Non puoi buttare lì una cosa del genere e non dedicargli l’attenzione che merita. Non dopo due capitoli sulla colpa e i peccati mortali che facevano presupporre un’altra conclusione.

Vorrei obiettare, ma ha già cambiato argomento e la milionesima citazione di Kant mi mette a tappeto.

E se il suo Dio fosse Kant? È solo una malignità, ma spiegherebbe perché lo cita più della Bibbia.

No, come non detto, arriva a un punto in cui cita Cristo e l’umiltà come virtù cristiana, indispensabile per giungere alla verità e … dice che il Nuovo Testamento è ambiguo perché in un paio di occasioni Gesù ne parla come di uno strumento per ottenere il potere e avanzare la propria posizione sociale.

Stiamo parlando dello stesso uomo? Il figlio di Dio, nato poveramente, che non si dà arie, lava i piedi ai suoi discepoli che sono dei mezzi testoni e non hanno ancora capito nulla della Passione, morte e Risurrezione ormai imminenti, non è interessato al potere terreno, nutre meno di zero stima per gli ipocriti, dice testualmente “il mio regno non è di questo mondo”, ha vissuto nel nascondimento e nel lavoro di una vita comune per trenta anni, per poi predicare in pubblico per tre e accettare volutamente una morte dolorosa e infamante? Questa persona mi stai dicendo che suggerisce di fingersi umili per la scalata sociale?

Non sono una biblista, ma mi sento di affermare che se arrivi a questa conclusione potrebbero esserci buone probabilità che non abbia il letto il testo con la dovuta attenzione e contesto.

 

In un punto Gesù suggerisce di evitare di sedersi ai primi posti di un banchetto per non essere respinti e mandati negli ultimi, ma invece mettersi subito negli ultimi perché il padrone di casa assegni un posto più importante. È la logica dei primi che saranno ultimi e viceversa, è la logica di Dio che è da sempre opposta rispetto a quella dell’uomo e del mondo. Nient’altro.

Perché non sono sorpresa che un filosofo amante di Kant non l’abbia colta?

In un altro punto, alla madre di due discepoli che chiede per loro i posti alla destra e sinistra del suo regno, Gesù risponde che assegnare quei posti spetterà al Padre. Sono immagini che rimandano al potere terreno, ma è del regno ultraterreno che stanno parlando.

Ormai le citazioni a Kant e agli altri filosofi tedeschi sono così tante che inizio a perdere le forze, ma è tardi. Ho perso anche la speranza e la pazienza e decido di finire ‘sto libro prima che finisca me e attacco le ultime centocinquanta pagine con un assalto frontale e disperato. È dura, è sempre più dura. Ogni pagina è una colata lavica incessante di considerazioni forbite e personali spacciate come oro colato e ulteriori citazioni di filosofi tedeschi. Resisto. Siamo sbarcati alla cronaca ed è un fiorire di toni da predica apocalittica che Girolamo Savonarola levati proprio, cose che ho già letto e già sentito un trilione di volte pronunciate con estrema e verbosa solennità, nella ferma e sincera convinzione che il lettore si commuoverà davanti a cotanto eloquio e considerazioni profonde e originali, ma tiro dritto. Le mie lacrime saranno di gioia alla fine di questa tortura (mi sbaglio, ma non lo so ancora). Ecologia, ambiente buono, uomo cattivo, uomo bianco occidentale particolarmente più cattivo, capitalismo cattivo e comunismo pure, rovina morale, guerra, pestilenze, lo so, lo so. Proseguo dritta e per un attimo sembra rimettersi sui binari, riprende le cose che aveva detto all’inizio sulla necessità di una rigenerazione morale, ma si rivela una vilissima trappola. Era solo il pretesto per dedicare trenta pagine all’etimologia della parola “utopia”, la sua storia, il sangue che ha portato a versare (e comunque Giordano Bruno propugnava una teocrazia con controllo rigidissimo sui sudditi, quindi non so fino a che punto sia lecito considerarlo un progressista eroe del libero pensiero). Torna sui binari, di nuovo la rigenerazione morale, siamo alle ultime pagine, sembra che stia tirando le fila, meglio se non è un’altra trappola, mena il can per l’aia con altri paroloni, gira e rigira domande e considerazioni già fatte, ma io non mi arrendo. Siamo giunti all’ultima pagina e dopo quasi dieci trascorse in queste ricapitolazioni ho gli occhi iniettati di sangue e un solo pensiero: sputa fuori questa tua benedetta ricetta per risanare l’Occidente e l’umanità! A cosa, a quali profondità eccelse e insondabili, ti e ci hanno condotto trecentottantadue pagine di sproloqui e Kant? Dimmelo!

Contemplare la natura, badare alla propria salute, leggere buoni libri, sorridere, essere gentili e praticare esercizi di respirazione.

 

Ho quasi voglia di chiedere scusa ai Baci Perugina per averli considerati banali, e anche all’autore di eroi galattici, nonostante i mesi che ho passato a dire dietro a quella serie.

 

Mi sento più presa in giro di quando vengono fuori cose come il potere dell’amicizia che salva il mondo all’ultimo secondo con mille sbrilluccichi o che il tesoro era nel tuo cuore fin dall’inizio. Non credevo che un saggio potesse avere un finale peggiore, ma mi sbagliavo.

Segno questo libro tra quelli letti, lo pongo via dalla mia vista e inizio a leggere Alice nel Paese delle Meraviglie cullata dalla certezza che sarà una lettura più sensata.

 

E voi? Qual è un libro che ha tradito le vostre aspettative e vi ha fatto sentire presi in giro? Scrivetelo nei commenti e ci aiuteremo a vicenda ad andare oltre!

 

 

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