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Cosa ho letto questa estate – parte 1

Cosa ho letto questa estate? Rosa, ma anche storie d’azione e d’avventura… e di delusione

 

Siccome ho letto molti libri durante le vacanze, ho deciso di dedicarvi due articoli con le rispettive recensioni, per mia e vostra comodità (un articolo di più di venti pagine sarebbe penoso sia da scrivere sia da leggere).

In questa prima parte parlerò dei libri che ho letto nell’ultima settimana di luglio e alcuni di agosto per cui nutrivo grandi speranze. Che, purtroppo, non sempre si sono avverate.

 

Kuma kuma kuma bear è una serie light fantasy in cui l’adolescente protagonista sfrutta i poteri magici della tuta regalatale da una divinità; lo scopo è godersi la sua nuova vita nel luogo in cui è stata teletrasportata, dove esistono magia, mostri e compagnia cantante. Ci sono scene d’azione in cui lei deve dar fondo al massimo delle sue risorse per trionfare, ma anche altre di calma, in cui i personaggi secondari brillano, agiscono, crescono … insomma, è una serie corale senza troppi psicodrammi e la adoro per tutti questi motivi. Tuttavia nel volume che ho letto a luglio, il quattordicesimo, tanta calma ha finito per annoiarmi. La protagonista organizza una vacanza in spiaggia per lei e le persone con cui ha fatto amicizia (compresi degli orfani). Punto. La trama è tutta qui. Ci sono dei bei momenti e belle descrizioni, ma almeno un trenta o quaranta per cento si poteva tagliare o riassumere e la storia ne avrebbe solo giovato. Ho sbadigliato, ma questo non mi impedisce di nutrire speranza per il prossimo libro.

 

Shangri-la Frontier è un manga d’azione di cui ho letto tutti i volumi fino all’ottavo (dal cinque all’otto, per essere precisi). Il titolo è lo stesso del videogioco ultra-realistico che il protagonista finisce per amare; la serie copre i suoi exploit videoludici senza dimenticare cenni preziosi sugli altri personaggi e la società futuristica in cui vivono. Ne ho un’ottima opinione, ma negli ultimi due volumi l’interesse mi si è affievolito. I cenni della vita esterna al protagonista spariscono e ci sono interi capitoli che non hanno alcun peso; l’azione potrebbe non avvenire o essere riportata da altri e non cambierebbe nulla. (Un modo carino per dire “la serie si chiama Shangri-la frontier, non me ne può importare di meno se si mette a giocare ad altro se gli altri mondi di gioco sono noiosi e piatti!” Nondimeno, ammetto che così è possibile raccogliere informazioni indirette su come si comporta la tribù online del suo mondo e molto altro). La storia è un filino uscita dai binari, ma si sta raddrizzando nel nono volume che non ho ancora finito e di cui vi parlerò nel prossimo articolo. C’è ancora speranza.

Speranza che purtroppo è andata farsi benedire per quanto riguarda Capitan Corinth. Se nel primo volume del manga avevano ficcato un mare di spiegoni e più azione di tutta la trilogia originale di Star Wars, riuscendo a intrigarmi, il secondo è un posto d’onore davanti alla vernice che si asciuga. La differenza in tono è perdonabile in un light fantasy come Kuma bear, non in una storia d’azione dove un impero umano intergalattico lotta per la sopravvivenza contro alieni antropofagi! La premessa è che Corinth, ultimo sopravvissuto di una forza speciale mandata dall’impero a scoprire la base degli alieni cattivi, precipita sul su un pianeta fermo al medioevo, dove esiste un’energia peculiare considerata magia, nonché mostri. Il primo volume copre – come può – il passato, mentre il secondo è interamente dedicato al pianeta in cui si ritrova a vivere ora, che è uno dei medioevi fittizi più noiosi che abbia mai visto. La sensazione che l’autore abbia selezionato da internet “luoghi comuni triti e ritriti sul fanta-medioevo” e abbia incaricato un’IA di buttare giù la relativa sezione, non mi abbandonerà facilmente. Sono passata letteralmente dalle stelle alle stalle. Ho letto un mucchio di fantasy ambientati in una qualche versione fittizia del medioevo, e ognuno aveva qualcosa che lo differenziava: pietre magiche che fungono da lampadine o rubinetti, modi particolari di usare e regolamentare la magia e la caccia ai mostri, razze fantastiche, organizzazione del potere … qua no. Non c’è niente. Nemmeno i personaggi brillano: Corinth non è male, è un personaggio prudente e pragmatico alle prese con una nuova realtà, ma il resto del cast mi ha fatta sbadigliare. Ovviamente, con enorme sorpresa di nessuno, viene fuori che la ragazza che lui ha incontrato nel primo volume è la principessa di un regno che è caduto per un colpo di Stato. È coraggiosa, ha giurato di rifondare la sua famiglia e … basta. Non ha personalità, ha solo una funzione (e una backstory che avevo già nasato al primo minuto). Umanamente mi dispiace per lei, ma tra un impero galattico in lotta contro alieni antropofagi e il suo piccolo regno medievale, la scala e l’importanza non vanno a suo favore. Recentemente è uscito il terzo volume in cui torna ad affacciarsi la trama legata all’impero, ma ormai non ho più alcuna fiducia in questa serie. Se questo pianeta, come sembra, finirà per occupare lo stesso spazio del plot principale sull’impero, grazie ma no grazie. In più lo stile del disegno non mi è mai piaciuto; se la storia avesse retto ci sarei passata sopra, ma così non è stato. È tutto noioso, prevedibile o molto, troppo conveniente.

 

The invisible wallflower marries an upstart aristocrat after getting dumped for her sister ha un titolo lunghissimo, ma si è fatto perdonare col resto della storia. È un rosa che combina una trama alla Cenerentola con un’ambientazione pseudo ottocentesca (c’è la monarchia, ma alcuni ricchi borghesi iniziano ad affacciarsi al tavolo del potere prima occupato da soli nobili) e un bel CEO che finirà per innamorarsi, ricambiato, della protagonista. La protagonista, meno scintillante della sorellastra, è una nobile che viene scaricata dal fidanzato a beneficio della parente e poi spedita dal padre a un ricco commerciante perché lo sposi in cambio di denaro. I rapporti con la famiglia non sono buoni, ma lo sono quelli che instaura ben presto col marito, la nuova servitù e le altre persone che gli gravitano intorno. Lui non è interessato a lei: gli serviva soltanto qualcuno che conoscesse il mondo dei nobili e della loro etichetta per far meglio affari con loro; se non consumano entro due anni, le nozze saranno dichiarate nulle senza alcun danno per lo status sociale di lei. Lui pensa, finito quel periodo, di rispedirla a casa, mentre lei vorrebbe consumare e restare al suo fianco. È un rosa sognante senza grandi scosse, una protagonista forse troppo perfetta, molto zucchero e qualche bastardo di troppo in giro (tipo l’ex e uno dei principi). Lui vive in riva al mare e la descrizione della cittadina e della villa sono splendide, forse la cosa che ho apprezzato di più del romanzo che finisce su un mezzo cliffhanger. Sembra che il casato nobiliare di lei – a cui ella tiene – rischi di scomparire e che l’ex trami qualcosa di orribile dietro le quinte. Spero muoia male.

 

Il secondo volume di The apothecary witch turned divorce agent ha sorpassato in positivo ogni mia aspettativa! C’è una bella chiusura al mistero che tormentava da anni il co-protagonista Thane, e impariamo qualcosa di più sul doloroso e strano passato della protagonista, la strega Carla. Le interazioni tra i personaggi e le piccole cose che compongono il mondo come tante tessere con un mosaico sono magnifiche! L’unico lato negativo è che il caso in cui i due collaborano si risolve troppo presto e troppo facilmente, a mio avviso. Qualche giorno di incertezza e tensione avrebbe giovato alla trama e alla logica. È una serie fantasy rosa che vi consiglio tantissimo, ha saputo sorprendermi e aspetterò con somma impazienza il prossimo volume.

 

Zappa e spada – spaghetti fantasy è una raccolta di racconti italiani di cui canterei le lodi, se solo le meritasse. Dopo una lunghissima introduzione sproloquiata che incensa i futuri racconti e la nobiltà della tradizione letteraria da cui scendono, inizia la parte peggiore: i racconti. È vero che la parodia cinica ha origini letterarie antiche, ma non è scritto da nessuna parte che il dark fantasy e quello parodico e cinico all’estremo debbano piacere a tutti. Sangue, effettacci e immoralità abbondano a scapito della memorabilità e dell’inventiva, tranne forse due racconti su più di dieci. Non è un buon bilancio. A meno che non vi piacciano quei due sottogeneri, vi supplico di starci lontano. È stata una grossa delusione, perché non sembrava una raccolta così tanto cinica e dark; suppongo che quelli che me lo hanno consigliato al Salone abbiano presunto male sui miei gusti. Più che divertirmi, mi ha disgustata.

 

Il quinto volume di Since i was abandoned after reincarnating, i will cook with my fluffy friends, contrariamente alle mie aspettative, non è stato quello finale e non mi dispiace. È una serie con tantissimi momenti pucciosi, ma anche intrighi e scene d’azione; nella prima parte mi sono un po’ annoiata, mentre nella successiva è successo di tutto, tra colpi di Stato, attentati e una chiusura dolceamara (eppure soddisfacente) alle vicende del regno da cui la protagonista era stata ingiustamente esiliata. È sempre bello vedere i cattivi finire col didietro per terra. Tra disavventure, altre bestie magiche e altri misteri, sembra addirittura che l’imperatore di una nazione estera sia un’anima reincarnata dalla Terra come la protagonista! Non vedo l’ora di sapere come proseguirà la storia! Sono qua che mi mangio le unghie aspettando e sperando che il nuovo consorte di lei si decida a consumare il matrimonio e renderla regina a tutti gli effetti, ma prima bisogna risolvere uno stupido equivoco … come il 98% dei rosa, del resto.

 

Gli Inutili è un romanzo supereroistico umoristico-distopico per cui nutro sentimenti contrastanti. Come ho spiegato allo stesso autore su Instagram, adoro il concept, la sezione introduttiva, il mondo, certe scene e battute e anche i personaggi non sono male. L’umorismo è cinico, ma non raggiunge i livelli estremi di un certo altro libro e nel complesso mi risulta gradevole. I problemi sono arrivati alla metà della storia: scene in cui non ho capito cosa succedeva (rileggerle era inutile), altre forzate (un momento prima fanno i cinici, ma dopo un discorso raffazzonato e pieno di cliché del protagonista si uniscono e diventano amiconi) e infine uno dei plot twist peggiori che abbia mai visto. La madre del protagonista, dopo avergli avvelenato la vita, sminuitolo, fattolo sentire sbagliato fin dall’infanzia per i suoi poteri, dopo averlo tiranneggiato, averne dette di tutti i colori, aver aderito a una setta bigotta anti-eroi (che la droga e fa traffici orrendi con la gente mutilata e ammazzata), viene fuori dal nulla che ha il potere del controllo mentale. Come. Da dove. Perché?? Considera i poteri come una maledizione da restituire a Dio e alle obiezioni del figlio, dice che è ancora troppo immaturo e gli cancella la memoria della conversazione, eliminando ogni possibile maturazione per lui e sé stessa. Perché? È una cosa che mi ha frustrato al punto che ho dovuto deporre il libro e sbollentare l’ira, prima di terminarlo. L’autore mi ha detto che spera di poter rispondere questa e altre questioni rimaste in sospeso se avrà l’opportunità di scrivere il seguito. Da autrice, capisco il ragionamento e conosco in prima persona le difficoltà di scrivere e pubblicare fantasy in Italia, ma da lettrice trovo la risposta estremamente insoddisfacente. Forse l’unico personaggio peggiore è il padre del protagonista, che non ha alzato un dito (né il suo didietro dal divano) davanti alle malefatte della moglie, né ha fatto nulla per aiutare il figlio a costruirsi un minimo di autostima. La reazione della madre sarebbe comprensibile se qualcuno avesse usato i propri superpoteri per compiere un genocidio o qualcosa del genere, ma non risulta niente di simile. Non sarebbe stato meglio condividere quella stessa motivazione/segreto col figlio, in modo da educarlo bene e renderlo responsabile? No, era meglio una Karen in salsa italiana. E poi dicono male dei genitori di Elsa in Frozen. Boh. Non aiuta il fatto che le sette segrete sono un cliché che mi ha stufato; vedere l’ennesima mi suscita una reazione a cavallo tra lo sbadiglio e il fastidio. Sono gusti personali, ma nonostante il pessimo plot twist vi consiglio questo libro, se non vi dispiace quel tipo di umorismo e/o avete un debole per i supereroi e vi siete mai chiesti come vivrebbero in Italia. La satira sul nostro paese è molto gradevole e ci becca in più di un punto. “Da grandi poteri derivano grandi tasse” è esattamente il tipo di slogan che potrebbe tirare fuori il nostro Stato. Dei libri che mi ero riservata apposta per le vacanze dal salone del libro di Torino, è probabilmente il migliore.

 

Il libro che ho letto dopo è Seadevil, ma vi assicuro che Mai ‘na gioia, né sopra o sotto al mar sarebbe stato un titolo più calzante. Capisco che i romanzi di avventura debbano avere un minimo di suspence, quello che non mi aspettavo (e non è necessario) è quanto fosse deprimente. Non c’è un capitolo senza o una disgrazia, o i personaggi depressi per la precedente disgrazia (o altre, o altri motivi). Andiamo con ordine: la storia è ambientata in futuro alternativo in cui i mari sono divenuti sempre più inquinati, al punto che il governo ordina a chi abita sulle coste di spostarsi verso l’interno tramite viaggi organizzati con la delicatezza (e le intenzioni) di deportazioni di massa verso un futuro di schiavitù, dipinto dalla comunicazione ufficiale come “progetto Pangea”. Il protagonista vive in una città di mare morente e decide di andare alla ricerca del padre scomparso tirandosi dietro gli amici – nelle stesse condizioni. Finiranno reclutati dalla Seadevil, un’organizzazione militare segreta sottomarina che combatte contro la Black Shell, un’altra organizzazione militare segreta sottomarina che è la vera responsabile del pessimo stato dei mari e dei vari rapimenti. L’intreccio e l’ambientazione sono molto interessanti, le descrizioni eccellenti, immersive e mai sbrodolate e il cast non è male (con qualche eccezione). I problemi sono quattro: il tono, il protagonista, la logica interna e il sistema morale. Il primo è di natura personale: c’è davvero troppo angst per i miei gusti. Si passa dalla tristezza tesa dei primi capitoli a quella ripetitiva, grigia, rassegnata e pesante della loro permanenza presso la Seadevil, per poi arrivare a quella concitata del finale. E qua mi sento di dare, per la prima volta, un avviso di spoiler; di solito non ne do perché li riservo per i libri pessimi, degni di essere dissezionati e svergognati pubblicamente, ma per Seadevil le cose sono diverse. So che esistono persone con gusti diversi dai miei a cui piacciono la tensione, le atmosfere cupe e la tristezza e costoro adoreranno questo libro. Se tu che leggi ti riconosci in questo, passa alla recensione del prossimo libro. Ma a tutti gli altri ho un dovere morale – se non altro nei confronti della mia salute mentale, perché questo orrido finale non ha ancora abbandonato i margini dei miei incubi – di dire quanto ho odiato l’ultima parte. Dopo centinaia e centinaia di pagine di angst, depressione, non vedere la luce del sole né lasciarla intravedere ai lettori, dopo aver rubato e pilotato un sottomarino speciale, aver individuato il covo dei cattivi, esserne stati presi prigionieri e liberati e aver raggiunto la stanza dove erano tenuti prigionieri i genitori, sfiniti e torturati per mesi, non riescono a salvarli. Muoiono annegati davanti ai loro occhi perché il vetro dietro a cui erano detenuti non si rompe e il covo sottomarino si sta autodistruggendo. È un colpo allo stomaco di cui facevo volentieri a meno, e muore anche Marta, off-screen. Chi è Marta? Proviamo a vedere la faccenda dal suo punto di vista. Hai vissuto e lavorato per tutta la tua vita presso la Seadevil, fino a farti assegnare uno dei pochi appartamenti singoli e decenti. Ma il tuo vero obbiettivo è portare le cose alla luce del sole perché l’intero mondo conosca la verità sulla Black Shell, l’inquinamento dei mari e l’esistenza della Seadevil, garantendo a quest’ultima la vittoria. Hai dedicato tutta la tua vita a questo, non con proclami o salendo su un piedistallo, ma con un lavoro diligente, intelligente e ottimamente preparato. Poi, vedi entrare nell’organizzazione un gruppo di giovani confusi e arrabbiati con la Black Shell e preoccupati per i loro genitori. Ti dispiace per loro e ci fai quasi amicizia, soprattutto col leader del loro gruppetto. Gli dai confidenza e dopo una bella serata con lui, fai in modo che quest’ultimo veda alcuni documenti segretissimi. Confidi che il ragazzo non sia uno stupido e tratterà queste informazioni con la massima cura. Solo che ti sbagli, e il tizio in questione ripaga la tua fiducia urlando quelle informazioni nel bel mezzo della classe solo per il gusto di dare torto all’insegnante. Ti sospettano per la fuga di informazioni, e un brutto giorno ti esiliano. Sei bandita, perdi tutto ciò che hai conosciuto e per cui hai lavorato per la tua intera vita e le disgrazie non sono finite. La Black Shell ti rapisce, svela i tuoi piani, e ti tortura finché non perdi i sensi, legata a una sedia. La morte arriva mentre sei in questo stato pietoso, uccisa indirettamente dalle azioni del grosso idiota con cui hai passato la serata – uno dei due unici momenti di gioia del romanzo. Questa scena mi ha indispettito così tanto che ho deciso di reincarnare Marta in un cameo della mia fanfiction I divoratori di stelle. Manterrà il suo nome e i suoi ricordi e avrà la vita felice che merita in un universo dove i mari non sono inquinati. Se fosse sopravvissuta lei al posto del protagonista, i buoni avrebbero molte più chance di vincere, perché quest’ultimo è un grosso stupido. Questo è l’elenco delle disgrazie causate direttamente o indirettamente dal suo carattere impulsivo, rabbioso e serio da so-tutto-io: la morte di Marta, l’incidente d’auto nei primi capitoli, la ragione per cui gli inizi alla Seadevil sono difficili e ai cattivi viene rivelata un’informazione importante. Tutti i casini alla Seadevil sono indirettamente colpa sua, perché nel garage del padre c’era in bella vista lo stesso indizio che il padre gli dà prima di morire, corredato con un bell’indirizzo con un posto sicuro sulla terraferma, così, lui, la sorella, la madre e gli amici sarebbero pure scampati alla deportazione partendo prima. Bastava solo aprire quella cavolo di porta. Leggere di questo protagonista è come assistere a un gattino che si affila gli artigli sulla lavagna: è puccioso, ma non ti piace ciò che fa e vorresti che la smettesse. Anche la logica è un problema e non mi riferisco soltanto alle azioni del protagonista. La Black Shell inquina i mari perché ci sta sviluppando creature marine geneticamente modificate per farne armi da vendere e con cui far soldi. Ma l’intera popolazione mondiale si sta ritirando dal mare per andare a vivere nell’interno, quindi a che servirebbero queste creature? Per ostacolare i commerci marittimi (che presumibilmente sono già in declino o azzerati, visto che quasi nessuno abita più sulle coste)? Non è più probabile che siano i missili sottomarini a venire usati contro le creature – che, per quanto forti e temibili, non si avvicinano nemmeno in velocità o letalità a questa tecnologia? Sia la Black Shell sia la Seadevil sono organizzazioni governative; quale governo finanzia la prima e quale la seconda? Esiste un governo mondiale che spalleggia la prima e uno più piccolo di ribelli (o indipendente) che sostiene la seconda? Inoltre, il padre del protagonista era fuggito dalla Black Shell portandosi a dietro della roba importante, e senza mai cambiare nome o connotati. Pensava non sarebbero mai venuti a cercarlo? Infine, l’ultimo problema riguarda il sistema morale. Le opposizioni Bene Assoluto contro Male Assoluto possono funzionare nelle commedie o nelle storie per bambini, ma quando le trovo in forme caricaturali in storie più realistiche o seriose, mi sento a disagio e non riesco a immergermi. Seadevil si apre con una scena di tortura; è una sola persona a subire e una a perpetrare (un certo Steve) ma decine di altre vi assistono con ghigni non meno soddisfatti. Sta a vedere che se non barri la casella “sadismo” non ti assumono alla Black Shell. Lo stesso atteggiamento di crudele trionfo davanti a qualcuno che soffre si ritrova anche nelle guardie mandate ad assistere agli ultimi giorni della cittadina del protagonista prima di deportarne gli abitanti (che, per inciso, hanno appena subito un maremoto e stanno finendo di seppellire i morti e contare i dispersi). D’accordo che il governo voleva deportarli prima ancora della tragedia, ma sarebbe stato più logico e realistico che fingessero di condividere il cordoglio, o almeno non sghignazzassero, invece no. L’ho trovato inumano – eppure solo un piccolo gruppo di persone bollate come “cospirazioniste” lo trova strano, ingiusto e si fa due domande sullo status dei mari. Ovviamente il più sadico e bastardo di tutti è Steve, uno dei capi supremi della Black Shell, poco incline a dare retta agli ordini del capo del governo di rallentare il processo di inquinamento dei mari perché non riescono più a integrare la popolazione delle coste. Posso già pregustarmi lo shock del governo quando questa personcina così splendida rifiuterà le loro direttive scatenando una qualche catastrofe globale e tutti cascheranno dalle nuvole, e si chiederanno come sarà stato possibile che qualcuno condannato per decine e decine di omicidi tornato a capo di un’organizzazione così per bene, buona e trasparente come la Black Shell possa fare una cosa del genere. Quasi quasi spero ci riesca e che la catastrofe ammazzi tutti i non pochi bastardi sadici di quel pianeta. Pochi tratti come il sadismo mi fanno istantaneamente odiare un personaggio e contare con impazienza i minuti secondi che lo separano dalla fine straziante che si merita. E qui i sadici sono centinaia e centinaia, forse un terzo del pianeta. Qua non ci sono buoni contro cattivi, ci sono persone decenti con chiaroscuro morale contro bastardi marci all’ennesima potenza che al confronto Skeletor è profondissimo e più sveglio. La riproposizione di cliché da cartoni animati d’azione in salsa spigolosa è un altro dettaglio che non mi è piaciuto: armi stordenti, i buoni che vengono incarcerati tutti insieme da una gabbia che cala dall’alto, il covo dei cattivi con funzione di autodistruzione, la fuga collettiva per scappare dal covo dei cattivi che si auto distrugge … Vorrei tanto che l’autore si fosse deciso: o scriveva una commedia d’azione, o un distopico serio e meno caricaturale. Avrei preferito la prima opzione. Sarei curiosa di sapere come prosegue la storia, ma non ho voglia di farmi altro sangue cattivo per gli errori di logica, la stupidità del protagonista, o i troppi bastardi sadici in circolazione (quanto vogliamo scommettere che la popolazione degli interni è razzista verso chi viene dalle coste e li tratta come spazzatura? Gli indizi per pensarlo sono fin troppo numerosi).

 

Il sole nero – demon p.i. è una storia con molti elementi interessanti, ma alcuni confliggono con l’ambientazione storica, compromettendo l’illusione. Nell’Italia degli anni Settanta, un detective privato si aggira per Milano, badando a tenere segreto il fatto che è un mezzo demone la cui nascita è stata voluta e preparata dai nazisti che avevano prelevato uno strano codice genetico da un’antica tomba. Possiede poteri particolari e una forza e resistenza sovrumani che ha deciso di mettere al servizio dei più deboli. Tuttavia non ha alcun rimorso ad ammazzare gli sgherri/cattivi che gli capitano sotto mano. Il genere oscilla tra il giallo e la parodia del genere hard boiled – cioè quel tipo di storie con detective violenti e città corrotte. L’ho comprato per curiosità, non è affatto male, ma non mi ha nemmeno fatta gridare al miracolo. Non proseguirò la serie, ma se qualcuno è un fan del giallo e del thriller potrebbe piacere.

 

Le follie di Caligola era l’ultimo libro rimasto dal Salone del libro e si contende il titolo di migliore con Gli Inutili. È un fantasy comico ambientato in un passato immaginario dove gli dei sono reali; il protagonista, l’imperatore Caligola, ne combina di tutti i colori, ma viene spodestato dal suo cavallo che aveva reso senatore per schernire i senatori. Di lì deve capire come sopravvivere, riprendersi l’impero e reclutare alleati così sgangherati che al confronto l’armata Brancaleone è un esercito temibile e ben organizzato. È come assistere a una sessione di Dungeon and Dragons ambientata in una versione fantasy dell’antica Roma. Di solito i personaggi sanguinari, impulsivi ed egoisti sono i cattivi e non i protagonisti, ma Caligola si rivela un eccellente narratore, con una prospettiva tutta sua. Mi sono sbellicata, è un romanzo che consiglio a tutti e che è alla portata di tutti – meno i minori. Ci sono incastonati riferimenti non solo all’antichità, ma anche a film, canzoni e meme dei nostri tempi. Un piccolo capolavoro.

 

L’ottavo volume di She professed herself to be the pupil of the wise men ha concluso un arco narrativo importante: la battaglia che era stata indirettamente preannunciata nei primi volumi scoppia e raggiunge la sua conclusione con il numero di vittime per me accettabile di due personaggi di contorno. Gli spiriti non saranno più imprigionati o uccisi dall’organizzazione malvagia, ma continuo a pensare che sia impossibile che quest’ultima non avesse il sostegno di qualche nazione ostile ai maghi (che senza spiriti sono in difficoltà). Nonostante il fanservice di bassa lega che di tanto in tanto spunta dalle pagine, adoro questa serie per l’equilibrio emotivo che riesce a raggiungere: scene tranquille e di respiro, azione, descrizioni splendide, immersive e mai sbrodolate, battaglie con risvolti interessanti e mai troppo difficili da seguire, un mondo che non smette di essere intrigante, vario e magico. Adoro questa serie e non posso che consigliarvela (ma evitate la versione anime, è più fanservice che sostanza).

 

Il sesto volume di Hellmode ha superato le mie più rosee aspettative, presentando per la prima volta alti ufficiali dell’esercito dei demoni e il fatto che la guerra da loro mossa al resto del mondo ha raggiunto il piano dove abitano le divinità, con esiti disastrosi e conseguenze non ancora del tutto esplorate. Nondimeno, i protagonisti proseguono nell’impresa di diventare più forti e trovare nuovi oggetti, alleati e mezzi per contrastare l’invasione dei demoni. Avventura, un vasto mondo che si apre poco e poco e di cui vorrei conoscere ogni angolo, azione, scene tranquille, altre che mostrano il progresso dei/come se la passano anche i personaggi secondari … cosa si può chiedere di più a un fantasy? Tuttavia è un mondo in cui non vorrei abitare, tra la minaccia posta dai demoni e l’indifferenza di molti dei alle sorti dell’umanità. Ma è raro che i mondi delle storie siano paradisi. Hellmode è un ottimo esempio di una storia d’avventura fatta bene, è una serie che vi stra-consiglio e se siete patiti di giochi di ruolo vi troverete particolarmente bene (e se non lo siete è possibile seguirla e amarla ugualmente).

 

Invece il settimo volume di The white cat’s revenge as plotted from the dragon king’s lap è stato una cocente delusione. Questa serie è scaduta tantissimo e non poteva essere altrimenti, dal momento che ha commesso l’imperdonabile delitto narrativo di proseguire dopo la sua naturale conclusione. Quando ciò accade, sono possibili due scenari ugualmente sgradevoli per il lettore fedele: annullare il lieto fine che i personaggi avevano sudato trilioni di camice per ottenere, o aggiungere fuffa priva di sostanza. Questo libro opta per la seconda e consta interamente di racconti disgiunti che sono o noiosi o pieni di angst dolori e lutti, ma sempre irrilevanti per la vita dei protagonisti (la trama principale ha cessato di esistere). I primi mi hanno fatta sbadigliare, i secondi infuriare. Nel regno della protagonista esiste un elisir magico che guarisce ogni ferita e malattia, meno quella indotta dalla puntura di un insetto a caso che vive in una zona specifica di quel mondo. Perché? Non sarebbe stato più logico e interessante se dietro ci fosse stato un gruppo di alchimisti/maghi intenzionati a mettere in difficoltà il floridissimo e potente regno abitato dalla protagonista? No, è un insetto random, giusto perché all’autore serviva qualcosa per creare morti e dramma nonostante l’esistenza della magica medicina (difatti tutte le morti di questo libro sono state causate direttamente o indirettamente da questo insetto). L’unica cosa più ridicola di un oggetto estremamente potente è vedere quell’enorme potere svanire a caso per un motivo che non viene esplorato. È una cosa che detesto e non aiuta che la descrizione del libro faceva credere che i protagonisti avrebbero trovato un modo per salvare uno di questi ammalati, che invece muore lentamente e in modo straziante senza che possano farci niente. Grazie per avermi illusa. L’unica parte bella di questo libro è l’inizio, ma non basta per salvarlo – e quella scena sulle balene magiche volanti non ha alcun peso sul resto del libro. Nemmeno i personaggi brillano, si comportano esattamente come i lettori della serie già conoscono, e molti sembrano vere e proprie caricature di bassa lega. È un libro da evitare, se volete gustarvi questa serie fermatevi al matrimonio dei protagonisti: la strada per arrivarci è un buon fantasy rosa.

Eeee questo conclude la prima parte delle mie letture estive! L’articolo di settimana prossima vi parlerà delle restanti. Voi con quale libro avete inaugurato l’estate?

 

 

 

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