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Cliché di cui farei a meno

Cliché; ce ne sono tantissimi e ciascuno di loro è un topos che è stato usato troppo e male. Ve ne elencherò qualcuno che non sopporto più.

Vi sono topoi letterari che ho incontrato così spesso da stufarmi ed evitare le storie in cui sono presenti. Uno di questi è l’ambientazione scolastica: vuoi scrivere un fantasy? Incentralo tutto su un/una giovane che si credeva condannato/a a una vita normale e invece scopre che esiste un mondo magico dove lui/lei è tenuto/a a frequentare una scuola di magia, dove incontrerà amici, nemici che lo/la detesteranno senza valida ragione, una/un futuro partner e un villain morto (o quasi tale) temutissimo da tutti per i suoi poteri oscuri con cui tenta di diventare immortale. Harry Potter ha dato l’inizio a tutto ciò e non ne ha colpa, ma davvero non esistono altri schemi per un fantasy per ragazzi? Non aiuta il fatto che non vado matta per le storie di ambientazione scolastica a prescindere dal genere specifico. Di scuola ne ho fatta abbastanza. L’unico esempio a cui riesco a pensare che presenti la collezione di suddetti topoi visti e rivisti usandoli in modo tale da farli sembrare freschi, vivaci e sorprendenti è la saga di Nevermoor.

Un altro topos che vedo usare troppo spesso è quando il/la protagonista, dopo essersi ritrovato/a in una situazione impossibile e tesissima in cui doveva lottare per sopravvivere e salvare gente, arriva al responsabile di tutto ciò che gli rivela che “era tutto un esperimento”. Così, dal niente, magari con in mezzo mostri, portenti magici e prodigi assurdi e incredibili. Il presentare gli scienziati come dei sadici incapaci di provare emozioni è una semplificazione che ho visto così tante volte da farmi girare gli occhi quando ne vedo l’ennesimo. A parte il fatto che incontrarne uno nella situazione sopra descritta non ha alcun senso, non riesco a levarmi l’impressione che questo topos non sia altro che una facile scappatoia per l’autore per mettere in piedi circostanze da cui trarre il massimo dramma possibile senza affaticarsi per costruire un fanta-mondo decente o credibile.

Un altro topos che non mi piace consiste nel come spesso vengono rappresentati i malati mentali, quella strana diffusissima filosofia per cui un trauma produce subito e automaticamente un pazzo sanguinario che sorride in modo inquietante e sexy quando smembra le sue vittime. A parte il fatto che nella realtà i malati mentali nella stragrande maggioranza dei casi sono pericolosi per sé stessi e non per gli altri, non è irrispettoso oltre che falso presentarli così? Certo, i pazzi di questo tipo sono uno strumento facilissimo da usare per creare nemici o personaggi dall’aspetto conturbante con cui scavare a badilate nel pozzo nero dell’animo umano, ma… davvero non possiamo fare di meglio per creare situazioni tese? E davvero il corpo umano ha un centinaio di litri di sangue come questo tipo di opere vorrebbe farci credere?

Come forse avrete capito non vado matta per gli psicodrammi; una storia senza conflitto non può esistere, ma non può diventare una scusa per crearne di poco credibili o ricavare drammi su drammi per ogni piccola cosa. Un classico esempio è quando si scatena un vespaio perché il personaggio A ha casualmente udito il personaggio B che diceva una cosa bruttissima; A se ne va in lacrime e poi scopriamo che B non ha detto o fatto niente di sbagliato e l’avrebbe capito anche se non fosse fuggito/a.

E voi? Quali sono i cliché che non sopportate? Cosa dovrebbe fare diversamente un autore per piacervi? Scrivetelo nei commenti e continuate a seguirmi!

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