skip to Main Content

Top 20 migliori e peggiori libri del 2023 – parte 1

I 20 migliori e peggiori libri che ho letto in quest’anno elencati in ordine cronologico, parte uno.

 

Tra i più di duecento volumi che ho letto nel 2023, quarantotto mi hanno lasciato degli splendidi ricordi, ma altri ventotto mi hanno causato incubi e una voglia matta di urlare che perdurano tuttora.

Da questa rosa ho effettuato un’ulteriore selezione, isolando quarantasei libri in totale: i venti migliori, i venti peggiori, tre serie già note che hanno superato in bene le mie aspettative, e tre serie di lungo corso che hanno tradito il rapporto di fiducia preesistente.

Parlare di tutti in un articolo solo sarebbe un’impresa troppo ardua, non solo per me, ma anche per la pazienza dei miei già pazienti lettori – i miei articoli sono ben più lunghi della media, ulteriore ragione per cui è bene cominciare subito. Dai migliori.

 

Cats in space and other places è una raccolta di racconti fantascientifici di autori americani del secolo scorso. Hanno un sapore vintage nel miglior senso possibile della parola; sono pieni di sete d’avventura, azione e diversissime interpretazioni non angosciose sul futuro dell’umanità e del cosmo. Duty Calls e Well worth the money sono in assoluto i migliori; nel primo si immagina sia letteralmente possibile riportare in vita i morti nelle missioni spaziali (senza conseguenze nefaste) e nel secondo un gatto salva la vita a un equipaggio dando zampate ai comandi. L’inglese letterario di alcune storie me ne ha reso difficile la comprensione, ma tutte le altre erano di agile lettura. Il senso di meraviglia, azione e un incrollabile ottimismo di sottofondo sono elementi che adoro trovare nei libri e mi hanno (ri)acceso un po’ di interesse per la fantascienza. Vedere uomini agire in modo saggio, competente e mantenere il sangue freddo è sempre più raro nella fiction. Non è il mio genere preferito, ma ogni tanto ci faccio volentieri delle incursioni; il mio primissimo manga, Dimension W, era fantascientifico. Non tutte le storie della raccolta hanno il lieto fine, ma nel complesso resta una delle letture migliori dell’intero anno.

Il fatto che in (quasi) ogni storia fossero presenti dei micetti adorabili ha influito non poco nel giudizio positivo.

Ve lo stra-consiglio, lo trovate in ebook.

 

Non avevo mai letto il romanzo originale di Peter Pan e quando ne ho trovata una copia curata dalla casa editrice Ippocampo, ho deciso che era il momento di rimediare. I libri di fiabe curati da loro e Minalima sono splendidi e ricchi di illustrazioni immaginifiche, una linea editoriale perfetta per storie piene di fantasia come questa. La versione originale è molto più cupa, profonda e interessante delle tante storie che ne sono state tratte (coff coff coff, eh, remake della Disney??) ed emana un fascino immortale, anche se certi aspetti oggi possono apparirci datati. Il tema dell’infanzia, sia nei suoi lati più dolci, fantasiosi e spensierati, ma anche cattivi ed egoisti, continuerà ad essere rilevante e umano finché ci saranno bambini in giro. Resta un classico immortale che merita di essere letto nella versione originale e sono felicissima di averlo (ri)scoperto in questa veste. Se non avete letto Peter Pan o volete riscoprirlo, questo è il modo migliore.

 

L’arte della buona battaglia è in assoluto uno dei libri di spiritualità migliori mai scritti. È semplice e facile da leggere, i rari paroloni sono subito spiegati e la questione dei peccati capitali è trattata in modo così intelligente da battere in saggezza ed esattezza qualsiasi manuale di psicologia (o almeno, i non pochi che ho letto io). Alla base delle storture del comportamento umano c’è un vuoto e le vie che prendiamo per riempirlo possono essere sbagliate e trascinarci in ogni sorta di dolore aggiunto. Questo in poche parole, ma vi supplico di recuperarlo.

 

Non è un libro solo, ma la serie manga di Shangri-La Frontier merita una menzione. L’ho scoperta quest’anno, è in corso e la sto divorando con immenso piacere. Parla delle avventure videoludiche di un giovane che vive in un futuro prossimo più utopico che distopico (una rarità) e si diverte con videogiochi fatti male. È un passatempo affine a chi guarda film brutti per riderne, studiarli o trovarci significati reconditi in modo più o meno fondato. I mondi videoludici sono interessanti e celano mille segreti e i personaggi, pur non profondissimi, sono caratterizzati in modo più che soddisfacente. È bello anche vedere un protagonista che non è orfano; sono così abituata a vederne che quando sono entrati in scena i genitori mi è cascata la mascella per la sorpresa. Vedere famiglie decenti e persone anziché caricature bastardissime è un’altra mezza novità. Non c’è un dettaglio che non sia pensato, ragionato e non risulti plausibile; tra questi, il sospetto che nel mondo videoludico evocato del titolo (un gioco ben fatto che il protagonista ha voluto provare e ama) si celino segreti più scottanti della storia implementata dagli sviluppatori e mandata a gambe all’aria dalle azioni del protagonista. Considero questa serie un ottimo esempio di come si possa costruire una buona storia senza che la posta in gioco sia oggettivamente altissima. L’umorismo e lo stile del disegno sono splendidi. Il mondo, sia reale sia videoludico, non smette mai di espandersi e regalare nuove sorprese, domande e avventure. Se nutrite curiosità per i videogiochi, non perdetevi il manga – ne è uscita anche una versione animata.

 

Medioevo fantastico è un saggio abbastanza breve che parla di come quest’epoca sia stata (re)immaginata nel corso dell’Ottocento e dopo. Mette a fuoco come le persone vi cercassero rifugio dagli aspetti peggiori della loro era, e come questa tendenza abbia lasciato un’impronta indelebile non solo nella letteratura, ma anche nell’edilizia e nel costume. Sono venuta a sapere qua che parte dell’aspetto della cattedrale di Notre Dame è dovuto a uno di questi “medievalisti” che non mettevano al primo posto la realtà storica. Il saggio è diviso in capitoli e ha un respiro evocativo e poetico; ha saputo riconciliarmi con chi ha un approccio differente alla Storia.

Leggo spesso fantasy con fanta-medioevi, ma se leggo un romanzo storico pieno di errori, potrei arrabbiarmi ugualmente.

Comunque sia, ve lo consiglio. Poesia in prosa, ma senza impazzire.

 

Cronache di vascello del capitano Aquindici e altre storie è una brevissima raccolta di racconti che mi ha fatto piangere per i motivi giusti. Consolazione, meraviglia, amore fino al punto dell’estremo sacrificio o di trovare coraggio e modo di agire per rimediare al disagio/disastro sono temi che accomunano tutte le storie. La mia preferita è la prima, quella che dà titolo alla raccolta, dal forte sapore fantascientifico con accenni di fiaba e religione – trattata con un’accortezza e delicatezza che romanzi più lunghi e seri possono solo sognarsi.

Ve lo stra-consiglio.

 

Grazie a Dio – come la fede promuove la civiltà, il progresso, la pace, la famiglia e la salute è un libro che ha subito attirato la mia attenzione per via del titolo controcorrente e il fatto di non essere stato pubblicato dal Papa o una casa editrice religiosa. L’autore aveva intenzione di indagare sul venire meno della religione, ma scavando tra mille dati (settanta pagine di bibliografia) ha scoperto evidenze che suggerivano l’opposto. La religione, cristiana e non solo, gode di uno stato di salute migliore di quanto si possa pensare e ha ricadute molto positive per il singolo e la società in generale. Persino chi si definisce ateo o non religioso molto spesso nutre convinzioni sull’aldilà o la morale vicine a quelle dei credenti. L’autore porta una marea di esempi e dati in tal senso spiegati molto meglio di quanto io non possa riassumere in un numero di righe ragionevole; l’unico modo per scoprire è leggerlo, cosa che vi invito a fare. È di facile lettura e completamente privo di prediche, paroloni o apologie che provino a discolpare chi è dogmatico o usa la religione come uno strumento di potere. Da non perdere.

 

La stanza rossa e altre storie di fantasmi è un’opera meno nota di Lucy Montgomery, l’autrice di Anne di tetti verdi. Ho adorato quasi ognuno dei singoli racconti, memorabili per l’atmosfera e per l’esecuzione semplice e senza fronzoli, ma mai secca o tirata via. Sembra di tornare indietro nel tempo e assistere a episodi di sovrannaturale assieme ai personaggi. I fantasmi qui presentati sono spesso rassicuranti: tornano per avvertire i familiari di un pericolo, sventare un’ingiustizia o rientrare un possesso di un oggetto specifico. Se cercate un thriller o un horror questo libro non farà per voi, ma se amate o provate curiosità per le storie di fantasmi vecchio stile, è una lettura da non perdere. Io l’ho adorato, è ottimo per provare qualche brivido ma senza il terrore o il rischio di non dormire la notte. Certe storie sono addirittura rassicuranti, come quella dello spirito della moglie che viene ad accogliere nel Paradiso l’anima del vedovo che non ha mai smesso di amarla. Un’altra storia sembra un giallo, un’altra un episodio di Scooby – Doo … c’è un’ottima varietà, pur senza uscire dal tema.

 

Visto che l’anno era cominciato bene con Peter Pan edito dall’Ippocampo, mi sono chiesta perché non ripetere l’esperienza quando ho visto in libreria Biancaneve e altre fiabe pubblicato da loro. Le illustrazioni sono splendide e ho persino trovato storie che non conoscevo da varie parti del mondo. La scelta di ambientare visivamente in altri paesi certi racconti i cui dettagli lasciano trasparire l’origine medievale tedesca mi ha perplessa, ma è una questione di sensibilità personale che non ha inficiato la lettura. Resta uno dei libri migliori dell’anno, sia per contenuti sia per la bellezza delle immagini.

 

I Racconti del grande nord della casa editrice Nuinui comprendono fiabe e leggende memorabili che in larga parte mi erano sconosciute, nonostante la mia raccolta discretamente nutrita di fiabe dal mondo. Le storie riescono a immergere il lettore in atmosfere davvero particolari, di altri tempi e luoghi. Le illustrazioni non brillano per i dettagli, ma la scelta dei colori è molto azzeccata. Non esiterei a consigliarlo persino agli adulti.

 

Questi erano dieci dei venti migliori libri dell’anno; ora è arrivato il turno dei dieci peggiori. Perché se leggi tanto è purtroppo inevitabile beccarsi l’equivalente librario dei pesci marci in faccia.

 

Immaginate di volervi sposare. Amate qualcuno e quel qualcuno vi riama, ma al contempo è soggetto ai capricci di un terzo essere che pretende continue attenzioni, gli sbircia letteralmente nella testa, lo punisce se rimugina troppo su certi pensieri, è pieno di pretese e ha l’ultima parola su chi può frequentare o non frequentare, e dove può e non può andare. E quel che è peggio è che agli occhi della legge e della società, è quel terzo essere a rivestire più importanza e dignità di voi.

Vi piacerebbe vivere in quella società?

Probabilmente no, soprattutto perché questo terzo essere sarebbe un fo****issimo drago capace di radere al suolo il paese non appena il suo giocattolo sess… cioè, il cavaliere che si è scelto con cui ha un legame psicofisico inscindibile fa qualcosa che non gli piace.

Eppure la protagonista di The dragon knights’s beloved la pensa diversamente: lei adora i draghi e, al pari della storia, li considera creature maestose e bellissime che permettono il mantenimento della pace e prosperità del regno. Lei adora i draghi, le piace la pace, lavorare e … e basta. La sua personalità non si spinge oltre. Per via del fatto che le spiace spalare la cacca dei draghi è brava a lavorare con i draghi viene ingaggiata da un nobile insidiato da una nobildonna che doveva sposare il suo defunto fratello.

Lei non gli piace, è viziata, arrogante e insopportabile e non piace nemmeno al suo drago – a cui, stavolta, do pienamente ragione.

Per quale motivo lui non l’abbia già congedata, magari con una somma in denaro, proprio non l’ho capito. Persino i ciechi vedono lontano un chilometro che lei e il suo maggiordomo hanno pessime intenzioni.

Questo intero manga è una collezione di cliché senza nulla che brilli. I draghi, oltre che fastidiosi e tirannici, non sono interessanti né belli, soltanto un mezzo per costringere la trama ad andare in una certa direzione. Non mi aspettavo un capolavoro, ma nemmeno di provare così tanta noia e fastidio.

 

Le frasi dei Baci Perugina sono considerate il massimo di ciò che è stucchevole e scontato, ma può sempre andare peggio: cosa accadrebbe se alla loro profondità si unissero un ego più grosso del pianeta Giove, una prolissità estrema e argomentazioni rigorose come “l’Inferno non esiste perché non mi va”? La risposta è Etica per giorni difficili, un libro costituito da aria fritta coperta da paroloni e riferimenti etimologici e culturali di cui l’autore si serve per convincerci che l’aria fritta in realtà non sia aria fritta, bensì un insieme di riflessioni profondissime a cui solo il suo cervello eccelso poteva arrivare o attingere. Se volete la spiegazione lunga sul perché sia stata una pessima lettura, vi invito a recuperare l’articolo interamente dedicato a questo obbrobrio.

 

A volte le storie di vendetta funzionano. Possono evocare e far riverberare nel lettore tensione, rabbia e un piacevole senso di rivalsa, mentre egli assiste all’ascesa di un protagonista tradito che risale dal punto più basso.

Ma quando non funzionano, nascono orrori come Even with the appraisal class I am actually the strongest.

Non è corretto fare victim shaming, ma se fossi stata al posto del protagonista, non mi sarei ficcata in un luogo pericoloso pieno di mostri, con zero poteri utili e compagni che mi disprezzano e hanno facce che sono cartelli con su scritto “ti odiamo e alla prima difficoltà ti lasceremo a morire male”. Persino uno scrittore alle prime armi avrebbe potuto imbastire una spiegazione del mondo magico e relative abilità magiche in modo migliore e meno noioso.

Quando, in un plot twist straziante e completamente imprevedibile, il protagonista viene lasciato a morire male, cade, si ferisce e riprende i sensi vicino a un albero luminoso. E per il fatto di aver ringraziato l’albero, lo spirito femminile che lo abita si innamora di lui, lo reputa il più degno e speciale degli esseri umani e fa in modo che ottenga un potenziamento al suo potere magico. La cattiva notizia è che ad allenare lo specialissimo protagonista per aumentargli il potere non è il suddetto spirito, bensì lo spirito guardiano di lei, che odia gli umani, il protagonista in particolare, ed è un sadico che non si fa problemi a lasciarlo menare dai mostri per poi guarire le sue ferite prima che muoia.

Se il lettore non pensa che il sadismo sia qualcosa da celebrare/normalizzare e di cui mostrare espressioni facciali affini al godimento sessuale, non apprezzerà questo manga.

Io non l’ho apprezzato. La storia finisce col protagonista che è diventato fortissimo e decide di lasciare il dungeon. E non me ne potrebbe importare di meno.

 

La cruna dell’ego è un saggio filosofico breve che parte dal constatare i disastri arrecati dall’individualismo estremo. Lo spunto è interessante, il problema è il linguaggio ermetico e impestato con cui è scritto. Certe frasi erano incomprensibili, lunghissime e più pesanti di qualcuno che si alza dal cenone nel sud Italia. Leggerlo è stata dura e alla fine non mi ricordavo quasi nulla. Bocciato.

 

Banished villainess aveva un inizio promettente, ma si è perso man mano che procedeva. Una nobildonna viene esiliata e costantemente spiata da quel pezzo di cacca assoluta che è il suo ex fidanzato, che la osserva con la sua cricca di egoisti sociopatici. Finché la guardano, stupiti dalla sua condotta angelica, la storia regge, ma quando inizia a comprendere s***o non consensuale presentato come soluzione veloce e perfettamente etica a un problema, abusi psicologici subito giustificati e l’ex che alla fine, dopo aver cercato di ucciderla e averne fatte di cotte e di crude a tutto il cast, scopre di amarla ancora, no. Troppo. La logica e il senso interno crollano già vicino alla metà; avrei dovuto abbandonare questa nave allora.

 

Cosa nasce quando si uniscono una delle protagoniste femminili più piatte e passive che si siano viste, un mondo con regole messe alla cavolo e una storia d’amore che non sta in piedi? Fiancee of the wizard, ecco cosa. Va bene la magia, i pregiudizi contro i maghi dai capelli neri perché sono più forti (ma non abbastanza astuti da tingersi i capelli o usare una parrucca, a quanto pare), l’amore che scatta al primissimo complimento, ma che una donna, dopo aver aspettato per più di dieci anni il suo supposto amore, si senta dire da lui “ti ricordavo più bella, sei una delusione” e non si risenta è chiedere un po’ troppo alla mia sospensione di incredulità. Lui è stato incatenato da bambino dalla sua famiglia che aveva orrore dei suoi capelli neri, indi il fatto che sia un pezzo di ghiaccio che non sorride mai, ha zero empatia e commette errori è sempre scusato, sia dalla storia, sia soprattutto da quello zerbino della fidanzata. Ecco il suo flusso di pensiero: “Ah, mi ha insultata? Poverino. Ah, non ha mai risposto alle mie lettere in dieci anni? Poverino. Ah, per via di un suo incantesimo andato fuori controllo sono stata marchiata a fuoco e nessuno mi starà più accanto (cosa non vera)? Poverino, non l’ha fatto apposta. Ah, non mi fa mai uno straccio di complimento o di sorriso, non fa nulla per mettersi in contatto con me e sono costantemente costretta a immaginarsi cosa pensa e farà? Poverino, è fatto così, io lo aspetterò e giustificherò sempre.”

Non sta in piedi né come storia d’amore né come logica e lo stile del disegno, per quanto sia carino, non può salvare una trama brutta. Una pessima lettura.

 

Come ho confessato qualche libro fa, non mi piacciono i personaggi sadici e questa è la ragione principale per cui ho odiato The wrong way to use healing magic. Le altre ragioni comprendono il fatto che la storia giustifichi e minimizzi abusi fisici e psicologici su minorenni fino a trasformarli in cultisti-soldati fedeli, abbia un protagonista con zero personalità e un mondo magico con scarsa personalità. Il personaggio sadico che tortura il protagonista è sempre dipinto in luce favorevole, ma serve molto di più di un flashback straziante di due vignette scarse per farmelo tollerare. Un altro pessimo manga, consigliabile soltanto se amate le immagini reiterate di un sadico che tocca l’apice del piacere rendendo infelice qualcun altro.

Per ulteriori dettagli, rimando alla recensione che ne avevo fatto mesi fa.

 

Un altro libro orrendo a cui ho già dedicato una recensione dettagliata è il saggio Non vince il più forte – elogio del compromesso. Il titolo inganna perché l’idea di compromesso dell’autore è questa: “io ho ragione e tutti quelli che non me la danno andrebbero privati dei diritti umani, di pensiero e di parola, diritti vanno invece riconosciuti agli animali, alle pietre e anche alle nuvole. Insomma, a tutto e tutti meno alle persone che non mi piacciono”.

È stato come leggere un libro sulla tolleranza religiosa scritto da Torquemada, nonché un modo per riscoprire tutti i motivi per cui non nutro stima per i marxisti.

 

Starduster – il gioiello delle stelle è un fumetto per bambini/ragazzi pieno di colori ed estro nel disegno. A non piacermi è stata la storia, piena di angoscia e buchi di trama. L’idea che le anime dei morti vengano triturate e trasformate in gas che tiene in vita le stelle non è poetica, è terrificante. Sarà questione di sensibilità personale, ma vedere il nichilismo ben confezionato e presentato ai bambini come la realtà o qualcosa di profondo e saggio, anziché un modo di vedere le cose tutt’altro che innocuo o infallibile, mi disturba. Ma se anche così non fosse, davvero era inevitabile che le pile dei poteri magici si scaricassero giusto giusto davanti al mega cattivo finale? Controllarle prima, o pensare a qualcos’altro non si poteva? A che pro far salire tutta questa angoscia della morte se poi alla protagonista basta pregare su una stellina magica che soltanto la famiglia reale dell’altro pianeta potrebbe usare, per riportare in vita uno dei buoni?

Si capisce che tante domande restano aperte per un seguito, ma onestamente questo libro mi ha disturbata e delusa troppo per farmi anche solo contemplare l’idea di seguire la serie. Non la consiglio a nessuno, men che meno ai bambini.

 

Se Il diavolo in piazza Cavour non è il peggior thriller che ho mai letto ci va vicino. L’inizio è interessante: conosciamo il protagonista, che ha una disabilità particolare e un suo modo di vedere il mondo, ma la qualità della storia cala a picco dopo questi primi capitoli. La soluzione al mistero e le azioni di buona parte del cast sono completamente prive di senso, al punto che una puntata di What’s new Scooby-Doo costituisce un migliore arricchimento e uso del vostro tempo. Per i dettagli, rimando alla recensione piena di spoiler che ho fatto mesi addietro.

E questi sono solo i primi libri di cui parlarvi. Spero amiate le mie recensioni perché ve ne aspettano altre.

Intanto buon Natale e buone letture!

 

 

Questo articolo ha 0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back To Top