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Plot armor: barare o male necessario?

Plot armor è quando un personaggio – di solito il protagonista – sopravvive o vince uno scontro anche quando non avrebbe dovuto.

Da piccola davo per scontato che il/la protagonista sarebbe sopravvissuto/a e avrebbe trionfato su ogni sfida e lo trovavo rassicurante. Era ovvio che Topolino non sarebbe mai morto per mano di Macchia Nera, o che né Tom né Jerry sarebbero mai schiattati (o in caso affermativo che per il prossimo episodio sarebbero tornati senza un graffio), o che Tintin sarebbe riuscito a scampare all’ennesima minaccia, eccetera.

Crescendo capii che non era affatto scontato e poteva addirittura diventare frustrante se un personaggio sopravviveva a un’esplosione e un altro – che magari era meglio caratterizzato e più simpatico – moriva per una pallottola vagante. Nella vita reale entrambe possono essere cause di morte, ma se ci troviamo in un film d’azione dove si può saltare da treni in corsa, sopravvivere a cadute vertiginose e trenta risse senza neanche un graffio, mi aspetto che la storia mostri la stessa elasticità/mancanza di rispetto per le leggi fisiche anche per tutti gli altri personaggi. Invece no. Quando la storia (o meglio l’autore) indulge in questo tipo di favoritismi, si parla letteralmente di “armatura della trama”.

A essere rivestito di questa armatura invisibile e indistruttibile è quasi sempre il/la protagonista, ma può succedere anche al villain o a qualunque altro personaggio a cui l’autore non voglia rinunciare. È un classico dei sequel vedere il cattivo scampato non si sa come all’esplosione/altro tornare per vendicarsi dell’eroe.

Viene attribuita al potere di questa armatura anche ogni vittoria del protagonista che risulti immeritata.

Per chi segue la storia è qualcosa di estremamente seccante e artificioso, capace di interrompere l’immersione e la sospensione di incredulità: perché, se x è sopravvissuto a questo e quest’altro, y invece deve morire? Perché se la storia aveva in precedenza stabilito questa e quest’altra cosa e magari altre cento, di colpo nessuna di queste vale più?

Perché di colpo i villain perdono mordente e la storia sembra diventare uno di quei videogiochi che allungano al giocatore/eroe centomila armi, oggetti e suggerimenti al punto da rendergli praticamente impossibile la sconfitta? Probabilmente perché l’autore non sa come far vincere l’eroe e allora gli semplifica la strada. Risulta insostenibile soprattutto se il protagonista è un tipo insopportabile che fa la predica a tutti, ha sempre ragione e l’intero universo/storia si piega per dargliela, ma può anche succedere per storie in precedenza ben costruite.

Insomma, l’abuso di questa armatura può portare all’abbandono della storia da parte di chi l’ha seguita fino ad allora, che prova (giustamente) la sensazione di essere stato tradito.

È vero: portata agli estremi, questa armatura può distruggere la coesione narrativa di una storia segnandone il declino, il peggioramento e l’abbandono. Eppure, per chi scrive, è più vicina a un male necessario.

È il lavoro di ogni scrittore o sceneggiatore mettere i suoi personaggi nei guai per poi tirarli fuori, ma se vuole essere professionale deve riuscire a farlo in un modo che risulti sensato e rispetti la coerenza narrativa. Il protagonista ha sconfitto un avversario palesemente più forte di lui? Magari è perché l’avversario l’aveva sottovalutato e non aveva combattuto sul serio; il prossimo non ripeterà lo stesso errore e l’eroe potrebbe addirittura perdere e imparare sulla sua pelle che la strada è ancora più in salita di quanto immaginasse. Oppure, se l’eroe cade in acqua gravemente ferito ma siamo in una storia fantasy, non suona del tutto impossibile se delle sirene lo salvano; questo a patto che si fosse già accennato all’esistenza delle sirene e magari alla loro abitudine di salvare chi cade in acqua. Forse esistono più tribù o sottospecie di sirene e alcune potrebbero avere motivi sinistri per salvare i marinai…

È difficile per chi scrive evitare di usare l’armatura, ma ciò non toglie che si debba sforzare a celarla come un prestigiatore che nasconde i suoi trucchi.

Un possibile modo per uscirne è evitare al protagonista di mettersi in situazioni fisicamente rischiose ma mettendo in pericolo cose a cui tiene: come reagirebbe un super eroe invulnerabile se non riuscisse a salvare qualcuno? Magari ci riesce, ma vive nel terrore di fallire, un giorno. Un altro personaggio potrebbe essere un detective dalla vita tranquilla ma con fantasmi del passato da tenere a bada.

Non esiste una regola assoluta per evitare i pericoli di questa armatura; quella che più si avvicina è questa: il modo in cui personaggio si salva/vince non deve rompere le regole già stabilite del mondo. Ma anche questo dipende da storia a storia e ci sono regole che possono essere rese elastiche senza rompere l’immersione.

E voi? Vi è mai capitato di assistere ad acrobazie di trama per salvare il/la protagonista o non ci avete mai fatto caso? Qual è l’esempio di plot armor peggiore a cui avete assistito e quale, invece, il migliore? Fatemelo sapere nei commenti e continuate a seguirmi!

 

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