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Autenticità nei libri

Autenticità, ossia qualcosa che è cercato da tantissimi scrittori ma non sempre risponde ai loro appelli. Parliamone

 

Lo spunto per questo articolo mi è venuto dalla recente lettura di Etica per giorni difficili. Questo saggio, dopo essere partito bene, è diventato un mattone nel suo ultimo terzo per via di errori, inesattezze e opinioni discutibili e mi ha lasciato in bocca un sapore molto sgradevole. Eppure libri di genere non dissimile mi fanno tutt’altro effetto.

Leggendo la vita di un santo, o alcuni saggi, ho l’impressione che la figura in questione (o l’autore) esca da quelle pagine, mi si sieda accanto e mi racconti la sua vita/ricerca con dolcezza e pazienza. Potrò non condividere tutto quello che mi dice, rendermi conto che non riuscirò a imitarlo, o provare sgomento e dubbio, ma è comunque un’esperienza intima e confortante. Chiuso il libro, è come se avessi conosciuto un amico che mi starà sempre accanto.

Invece, i libri di filosofia (più raramente teologici) mi danno l’impressione di un tipo che sale in cattedra e mi fa la lezione. Magari potrà sforzarsi di fare il simpatico o dire cose buone, giuste e condivisibili, ma non è la stessa cosa. Finita la lezione, il professore mi stringe la mano, dando per scontato di avermi fatto scoprire chissà cosa, io ne sia rimasta abbagliata e conquistata, e gliene sia eternamente grata ed esce dalla stanza pomposo come ci è entrato.

Se, come dicono, l’umiltà è la capacità delle persone veramente intelligenti di farti sentire intelligente mentre spiegano e riescono a farti capire l’abc della loro disciplina, i santi tendono a essere più intelligenti dei filosofi.

Ma se ci fosse in gioco anche dell’altro? Il pessimo sapore lasciatomi da questo libro era fin troppo simile a quello che mi lasciano le fiction di bassa qualità. E se fosse questione di autenticità? Cos’è nella scrittura, come raggiungerla, cosa può rovinarla?

Autenticità è quando un libro prende vita. Mantiene le promesse/premesse delle prime pagine sul genere della storia e che vale la pena arrivarci fino in fondo, oltrepassa in positivo le tue aspettative e ti fa addirittura dimenticare di stare leggendo una storia. Diventi così catturato da quel libro che è come se sbirciassi in una dimensione parallela, popolata da personaggi che sembrano non meno vivi delle persone in carne e ossa.

La differenza tra personaggi inautentici e autentici è la stessa che intercorre tra un cartonato con su scritti due aggettivi e un essere umano che oltre a essere definito da quegli aggettivi è molto di più. Un personaggio può avere il ruolo di mentore, ma ha una storia pregressa, i suoi motivi per aiutare gli eroi, degli hobby, dei tic … e possibilmente non verrà ucciso al primo volume per spronare la crescita mentale dell’eroe attraverso il lutto come è successo un triliardo e mezzo di volte. (Per favore).

È uno dei motivi per cui mi sono affezionata così tanto ai tre personaggi principali di The legend of the galactic heroes. Combinano e incarnano più archetipi in una volta (il conquistatore, l’amico barra consigliere e il soldato riluttante), ma lo fanno in una maniera così naturale e organica che sembra di vedere quegli archetipi all’opera per la prima volta, sembra di vedere esseri umani che provano a giocare al meglio le carte che si ritrovano in mano e possono avere più motivazioni, alcune contrastanti.

Ci sono disegni che combinano più creature, ma non sempre risultano convincenti; alcune di queste chimere disegnate sono palesemente finte, ma altre sembrano pienamente plausibili e pronte spiccare il volo. Coi personaggi è la stessa cosa.

Un libro può essere autentico anche se è pura fiction o idealizza la realtà (come dovrebbe essere, coff coff); purché i personaggi e il mondo prendano vita, cattureranno anche l’attenzione e l’amore del lettore.

Per converso ci sono libri che riportano fatti reali ma finiscono per suonarmi inautentici perché inquinati dalla spocchia dell’autore, da qualche imprecisione o altri motivi ancora.

Senza contare l’enorme impatto che hanno i gusti personali (/l’amore e tolleranza verso certi cliché); non è raro che uno stesso libro suoni autentico a quelli che lo amano, mentre altri lo detestano e lo vedono come una collezione di cliché.

Le commedie, talvolta, possono permettersi di essere meno autentiche e avere personaggi più stereotipati, ma non è automatico (e il rischio che la commedia diventi un festival del cringe è molto alto).

 

E voi? Vi è mai capitato di leggere una fiction che vi suonasse inautentica e se sì, quale? Scrivetela nei commenti!

 

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